Il portale appartiene ad un’antica casa ubicata nella piazza principale del paese, lungo una direttrice di traffico, un tempo fondamentale per il commercio.
All’interno essa presenta una particolarità abitativa e funzionale al tempo comune soprattutto nelle famiglie più agiate: un terrazzo interno in terra battuta, una sorta di aia che serviva alla raccolta e alla battitura del grano; dopo la lavorazione di questo alimento, la paglia che restava veniva gettata, attraverso un’apertura larga e bassa, al di sotto, dove si trovava un locale apposito per la sua conservazione.
Il portale in oggetto è una delle due vie d’accesso alla suddetta costruzione ed è posto lungo la strada, rialzato rispetto al sedime stradale. La sua conformazione è piuttosto semplice, costituita da quattro lastre di pietra ben levigate che fanno da cornice ad una porta di legno: due piedritti verticali e due traverse orizzontali, una a formare il gradino di accesso e l’altra a sorreggere una lastra sovrapporta contenente un’iscrizione. Al di sopra del concio di pietra incisa vi è poi un’ulteriore traversa lapidea, a sorreggere una piccola finestra chiusa da una grata.
La scritta riporta l’anno 1643 e ricorda la caducità della vita umana e la necessità di servire Dio. Il portale, in pietra locale, fu probabilmente opera di un artista del posto o attivo nella Valle, non riconducibile però, a mio avviso, alla più nota Scuola dei lapicidi di Cenova: la data infatti ci riporta ad un periodo successivo all’attività dei maggiori maestri “picapietre” i quali già dalla metà del ‘500 erano stati calamitati verso la Contea di Tenda e il territorio francese, grazie alle più rilevanti commesse. Inoltre, la fattezza della lastra incisa e dello stesso portale, elementare e quasi “rozza” nel modus operandi, non può essere avvicinata alle opere ben più complesse e ricche di decorazioni e rimandi simbolici dei lapicidi cenoaschi.