La Cascina Triulza è collocata a nord-ovest del centro urbano di Melzo ed è oggi costituita da una serie di corpi di fabbrica, esito di varie trasformazioni e fasi costruttive. Sulla via Lazzati si affacciano due edifici in linea su due livelli: la casa d’abitazione dove, sul fronte posto vicino all’ingresso, si intravedono due affreschi al di sotto dello strato di intonaco e, contigua ad essa, la casera, a sua volta a stretto contatto con la ghiacciaia. Adiacente a questi due corpi di fabbrica spicca una torretta in muratura su tre livelli, le cui finestre sono per la maggior parte murate. Completano il complesso un edificio in linea adibito a stalla per animali con soprastante deposito a fieno, tre corpi porticati adibiti a deposito, ricovero di materiali ed attrezzi di lavoro e due silos in cemento prefabbricato, usati per lo stoccaggio per l’alimentazione animale.
La proprietà è attestata nel censimento melzese del 1565 come possedimento dei principi Trivulzio insieme ad altre due cascine, la Castagna e la Gonzaga. Dopo la morte di Antonio Teodoro Trivulzio nel 1678 la Cascina passò al duca Carlo Moles, suo parente. La casa d’abitazione, decorata con affreschi, aveva un imponente camino in pietra con stemma nobiliare della casata e pregevoli volte. Ampliata nell’Ottocento con nuovi corpi di fabbrica in accordo con le nuove esigenze produttive, dopo l’unità nazionale la cascina fu gestita da Marcello Salvadei, secondo sindaco di Melzo, ospitando la sua azienda casearia. Nel 1895 venne affittata ad Egidio Galbani, giovane produttore di formaggi della Valsassina, che con sette operai iniziò qui la propria attività e nel 1906 vi creò il celebre “Bel Paese”, prima di trasferirsi nel nuovo stabilimento accanto alla stazione ferroviaria.
La Cascina Triulza è passata di proprietà tra varie società immobiliari, prima di essere acquistata dal Comune con l’intenzione di riappropriarsi dell’importante complesso e avviarne un progetto di recupero e conservazione, intrapreso nel 2019. Prima dell’inizio dei lavori, l’intero complesso denunciava uno stato di degrado molto avanzato e generalizzato, essenzialmente dovuto all’abbandono, con estesi crolli e presenza di vegetazione infestante che mettevano a serio rischio la conservazione del bene.