Il Palazzo Ferrari Sacchini, posto all’angolo di via Carducci con via Romagnosi, è un esempio emblematico del cambiamento che l’edilizia locale subì attraverso l’influsso dei Bibiena.
La facciata, vivacemente decorata, è connotata alla base da un alto zoccolo in bugnato da cui dipartono paraste composite che collegano i due ordini di finestre, ravvivate da complessi timpani, allo sporto del tetto retto da mensole rigonfie, unite fra loro da grosse ghirlande di chiaro gusto bibienesco. Il cortile interno è caratterizzato da un doppio loggiato a colonne binate con trabeazione e arcate ribassate, da qui si accede allo scalone a tre rampe, ricavato da un vano con altana, riccamente decorato a stucco e con statue in nicchie attribuite a Provino Dalmazio della Porta, mentre lo sfondato della volta mette in evidenza la quadratura dipinta situata nell’altana. L’interno presenta pregevoli decorazioni ad affresco riconducibili a Robert De Longe (Bacco, La Fama vince il tempo e Trionfo di Cesare) e a Giovanni Battista Natali (Apollo e Satiri); era rivestito da tele con nature morte di Marcantonio Rizzi.
Il palazzo, in anni recenti sede del Ministero del Tesoro e ora non utilizzato, fu voluto dal conte Corrado Ferrari che decise intorno al 1680 di ricostruire la propria dimora affidandone il progetto ai bolognesi Bibiena, famiglia di architetti, pittori, scenografi giunti in Piacenza sul finire del XVII secolo al servizio dei Farnese.