L’antica cartiera di Acerno si inserisce nell’ambito della valle del fiume Tusciano, a
breve distanza dal centro abitato. Tra la fine del Seicento e gli inizi del Settecento il sito
presentava due cartiere, due ferriere, una “valchera” per la lavorazione del lino con
annessa “tintoria”, e rappresentava uno dei più grandi poli industriali del territorio
salernitano. Tali manufatti oggi vertono in uno stato di forte degrado, fino a veri e propri
ruderi: in particolare si riconoscono ancora i resti di una delle due cartiere,
probabilmente la più antica, che era alimentata da diverse sorgenti a nord dell’opificio.
In origine la struttura si sviluppava su due livelli: il piano inferiore comprendeva sette
stanze dove erano collocati i magli in legno che, azionati da una ruota idraulica,
battevano e trituravano gli stracci di lino, cotone e canapa precedentemente raccolti
nelle cosiddette pile in pietra. Da qui partiva il percorso di produzione della carta che si
concludeva al piano superiore nei locali per l’asciugatura ad aria e l’incollaggio dei fogli.
Il secondo livello ospitava anche le stanze adibite a cucina e reparto notte per gli operai.
Nel 1824 la cartiera venne acquistata da Gaetano Criscuolo che costruì altri due
piani, modificando la destinazione d’uso degli spazi interni: il primo livello ospitava i
locali per il deposito delle pile; il secondo livello era adibito alla selezione degli stracci;
al terzo piano veniva prodotta la colla mentre il quarto era destinato agli operai. Nel
1848 la cartiera era ancora in attività e il Vescovo di Salerno Mons. Zottoli risultava tra
i comproprietari. Tuttavia, il potenziamento delle cartiere di Fabriano e l’introduzione
delle moderne attrezzature segnarono il declino e il totale abbandono degli opifici.
Attualmente, la valle rientra nell’ambito del Parco Archeologico Industriale del comune
di Acerno dove sono ancora riconoscibili i ruderi dei diversi manufatti, i cunicoli per
l’estrazione della lignite che alimentava le cartiere e le ferriere. L’accesso al Parco è
garantito da un percorso pedonale che segue l’antico tracciato che dal centro abitato
conduce all’ex lavatoio pubblico.