La prima traccia storica di Pietramogolana si trova in una sentenza pronunciata dal re longobardo Bertarido del 674 relativa al conflitto tra la diocesi di Parma e Piacenza: «Petra Magulana quod est super fluvio Taro» viene presa a riferimento per stabilire i rispettivi confini, Nella sentenza si intende il masso di roccia che si erge sul fiume con le prime abitazioni aggrappate, ma non si parla ancora di una torre e di un castello. La nascita dei castelli è infatti successiva; quando, attorno al Mille, cominciò la loro edificazione questo masso di roccia nerastra si presentava come luogo ideale per controllare un buon tratto del Taro e lo sbocco della Val Mozzola. La prima notizia del castello di Pietramogolana risale al 1022 quando il Vescovo di Parma ne concede l’investitura a Begarello Platoni, «cum terris, fictis et iuris». In origine quindi la storia di questa rocca è legata al binomio Vescovo (la signoria feudale) – famiglia Platoni (vassalli locali). I Platoni la tennero sino quasi alla metà del XIII sec.: quando nel 1210-12 fu ricostruita per volontà del vescovo Obizzo Fieschi venne confermata l’investitura dei fratelli Guglielmo e Gerardo Platoni.
A partire dal 1200 la rocca di Pietramogolana rientra nei più vasti conflitti tra Vescovo e Comune di Parma, tra Comune e Impero: nel 1240 l’imperatore Federico Il ne concede l’investitura al suo alleato Oberto Pallavicino, Dopo la breve parentesi ‘ghibellina tornò in mano ai Platoni e nel 1295 Tedisio Sanvitale la riconquistò per il vescovo parmense il quale nel 1310 l’affidò al di lui figlio, Gian Quirico Sanvitale. Questa famiglia, una delle maggiori della nobiltà parmense, ne mantenne sostanzialmente il possesso fino al 1600, tranne brevi periodi in cui le fu conteso dai Rossi, signori di Berceto, e dai Pallavicino, forti di un’investitura imperiale.
Dalle testimonianze scritte risulta che ancora per tutto il Cinquecento vi risiedeva un ‘castellano’; nel 1627 il castello verrà acquistato dalla famiglia Palmia per essere poi requisito dalla Camera Ducale nel 1740. Alla fine dell’Ottocento passerà alle famiglie del paese che lo doneranno infine al Comune per un suo recupero.
Oggi rimangono alcuni ruderi che lasciano intuire la sua passata dimensione: la torre in alto, resti della porta d’ingresso sopra la chiesa nuova, una cisterna per raccogliere l’acqua sul retro, verso il fiume.

