La storia delle miniere di Formignano ha radici antiche (XI sec.), tuttavia lo sviluppo dell’attività industriale si ha soprattutto dalla metà dell’Ottocento fino a poco oltre la metà del Novecento. Nel 1962, infatti, con la chiusura dell’attività industriale, inizia il periodo di isolamento del complesso e di abbandono dell’area.
Il Villaggio Minerario, posto a sud del nucleo storico di Formignano, a circa 12 km dal centro di Cesena, costituisce la struttura visibile più rappresentativa dell’intero complesso, e nonostante l’attuale stato di fatiscenza, risulta ancora possibile leggerne la composizione ed evidenziarne il valore documentario.
Il Villaggio comprendeva al suo interno diversi edifici con differenti destinazioni d’uso: oltre ai fabbricati funzionali all’attività estrattiva c’erano le abitazioni per il personale e gli uffici. L’insediamento è costituito da due stecche di edifici, poste a livelli diversi, lungo due strade parallele. Nella parte superiore da un lato si trovano le abitazioni, a due piani, e dall’altro gli uffici e i magazzini, a un piano. I prospetti degli edifici sono modulari e schematici, ritmati da lesene in cotto su superfici intonacate, intercalate a finestre rettangolari.
I magazzini sono oggi ruderi. Lungo la strada inferiore ci sono i seminterrati dei locali adibiti a deposito ed alla pesa e i fronti retrostanti dei magazzini. In fondo alle due strade sono ubicati alcuni edifici di servizio alla produzione. Architettonicamente è rilevante la cabina elettrica, costruita con ricercatezza formale, in mattoni a vista, con un portichetto ad archi a sesto rialzato come pure le lunghe finestre e con un cornicione in laterizio. Poco lontano troviamo i fabbricati a un piano destinati a officina e spogliatoi, nel cui fronte compare, al centro a tutta altezza, una M (Montecatini) in mattoni; l’edificio adibito a discenderia, le cui aperture sono oggi tamponate, è ubicato a nord della stecca delle abitazioni. Di altri fabbricati, come la scuderia, ubicati nelle zone più marginali del villaggio, restano solo le macerie.
Nelle vicinanze troviamo gli avanzi degli impianti di fusione (calcaroni e forni Gill), che coprivano una vasta area coperta da tettoie, di cui restano solo le fondazioni. Nel territorio circostante, più a valle, la conformazione del terreno a collinette stondate rivela l’accumulo dei residui delle fusioni, i cosiddetti rosticci.
Le gallerie, che si estendevano per lunghissimi tratti anche in profondità, erano munite di sfiatatoi per l’aerazione costituiti da lunghi pozzi circolari in mattoni che andavano dalla superficie fino al giacimento, per la creazione di un ricambio costante d’aria. L’unico “caminone” rimasto dei cinque a suo tempo costruiti risale ai primi anni del ‘900 ed è costruito in mattoni di laterizio, la sua altezza fuori terra è di circa 4.50 m., la circonferenza alla base di 3.25 m., mentre in sommità è di 2.00 m.
Alcuni dei fabbricati ricompresi nell’area tutelata dal presente provvedimento non sono più esistenti o versano in stato di ruderi a causa del crollo totale o parziale delle strutture.