Casa Ghigi si trova in via Raul Gardini, una strada già esistente nella Ravenna tardo antica, e che costituiva un breve tratto di quel percorso viario che metteva in comunicazione l’episcopio con la zona in cui si trovava il palazzo imperiale, chiamato “via porticata” perché nobilitato da un portico.
La prima attestazione certa dell’esistenza dell’edificio risale alla seconda metà del XVI secolo. Nel XVIII secolo l’edificio appartenne alla famiglia dei marchesi Spada, provenienti da Faenza. Nel 1745 il marchese Carlo Spada destinò una parte dell’abitazione ai forestieri di passaggio, denominandola “Locanda della Spada d’Oro”. L’edificio fu della famiglia Spada fino al 1768. Non è noto a chi passò successivamente. Nel 1854 la proprietà passò alla famiglia Ghigi, e rimase individuata come locanda fino al 1860 come risulta nel catasto dei fabbricati urbani.
In una raffigurazione dell’edificio della metà del XIX secolo di Romolo Liverani si nota come la parte anteriore della palazzina, prospiciente la strada oggi denominata via Gardini, non è molto diversa da come si presenta oggi. Sul tetto sono presenti i due grandi camini a base circolare ancora oggi visibili; nella parte alta della facciata, al di sopra del colonnato, sono collocate le cinque finestre e le cinque finestrelle dell’abbaino, asimmetriche, nella collocazione odierna. Le arcate del portico sono raffigurate come rinforzate da chiavi di metallo. Ai margini del portichetto sono i due pilastri, ancora oggi visibili; sul pilastro destro si intravedere il pannello collocato nel 1740 in ricordo del miracoloso recupero del quadro raffigurante la Madonna del Sudore dall’incendio della vicina casa Succi. La mappa catastale del 1813 e quella del 1844 mostrano la planimetria dell’edificio come si presentava nella prima metà del XIX secolo. La particella catastale (n. 1941) è costituita da un blocco sub-rettangolare formato da quattro corpi di fabbrica indipendenti, seppure facenti parte della stessa particella, disposti attorno ad una corte centrale. Il blocco di maggiori dimensioni è quello prospiciente l’odierna via Gardini, dotato di portico. Ad esso si uniscono due fabbriche oblunghe, di cui quella a occidente occupa tutto lo spazio della corte; a oriente è collocato solo un piccolo vano. Chiude la corte una piccola costruzione irregolare che sul fianco della via Fantuzzi non giunge fino alla strada.
Nel 1907 furono eseguiti alcuni restauri dell’edificio porticato durante i quali le colonne furono rimesse a piombo e furono rafforzate le chiavi di ferro degli archi. Nel 1921 l’edificio fu acquistato dal Consorzio Agrario che incaricò l’ingegner Umberto Ravaglia di progettare il restauro dell’immobile per potervi collocare gli uffici. È probabile che risalga a quell’intervento la sistemazione dell’immobile come giunge a noi, vale a dire formato da due blocchi, di cui quello prospiciente la strada, costituito dall’antica palazzina porticata, e la parte retrostante frutto della rielaborazione e del riadattamento dei vari corpi di fabbrica che costituivano gli ambienti di servizio della vecchia locanda. Secondo il progetto di Ravaglia, la facciata fu modificata, spostando la porta d’ ingresso al centro e abbassando le quattro finestre, che ora si venivano a trovare con la parte sommitale allineata allo stipite della porta e simmetriche due a due all’ingresso centrale.
La parte più nobile dell’impianto, vale a dire la palazzina con “sporto” prospiciente la strada, che per le caratteristiche può essere ritenuta di età veneziana, mantenne nell’insieme la sua consistenza. A differenza della restante architettura residenziale del periodo nota in città, in genere caratterizzata da una lineare facciata a vista dotata di balconcino centrale, Casa Ghigi presenta lungo la facciata un massiccio portico, sostenuto da un colonnato dotato di capitelli “lombardeschi”, terminante con due robusti pilastri, che costituisce un unicum a Ravenna.
Al restauro degli anni ’20 del Novecento, si deve, invece, la totale ristrutturazione della parte posteriore del complesso. In quella occasione si rese abitabile anche quella che in precedenza era un’ampia corte centrale, dotandola di una copertura a lucernaio. Aderendo a quello che era il gusto imperante dell’epoca, vale a dire lo stile liberty che a Ravenna fu adottato non tralasciando la propensione per l’eclettismo già mostrata nel decennio precedente, le pareti ricavate dalla chi usura della corte furono vivacemente decorate con pitture murali a carattere floreale e strutturate serialmente in aperture ad arco separate da lesene con capitelli. In tempi più recenti sono state operate delle modifiche ben riconoscibili per la modesta morfologia e per l’inserimento di elementi strutturali moderni sia sul fronte di via Fantuzzi sia nella parte retrostante a nord.

