La storia dell’abbazia resta indissolubilmente legata alla battaglia combattuta nelle sue più immediate vicinanze nel 773 tra i Longobardi. Le cronache narrano che in antichità vi sarebbe stata nell’area abbaziale una pieve dedicata a Sant’Eusebio di Vercelli, fondata da Carlo Magno stesso; sembra che il vescovo Sant’Albino Alcuino fondò qui un monastero, presso cui ordinava diaconi e sacerdoti suoi discepoli. Per omaggiare il maestro, gli allievi dedicarono il monastero a Sant’Albino di Angers, vescovo morto nel 550. Dalla dedica del monastero si passò dal titolo di Pieve di Sant’Eusebio a quello di Abbazia di Sant’Albino. Il sedime dell’abbazia sorge su un terreno ricco di tombe, che era detto Badia; il complesso fu ricostruito nell’XI secolo e il campanile fu abbattuto nel 1253 e ricostruito nel XIII secolo. Il monastero andò in decadenza. Nel 1540 la chiesa fu ricostruita per volere dell’abate Pietro Antonio Birago, che fece aggiungere il portico a colonne, i medaglioni dei santi Amico e Amelio e il suo stemma gentilizio in una lapide ancora oggi visibile. Nel cortile del cascinale annesso alla troviamo una finestra ogivale trecentesca decorata con formelle di cotto. Nel 1578 fu visitata da San Carlo Borromeo. Nel 1928, a seguito di restauri all’altare, furono trovati due loculi contenenti ossa umane e alcune medaglie che, secondo le antiche scritture, potrebbero appartenere ai SS. Amico e Amelio Le ossa rimasero ancora murate per circa settanta anni sotto l’altare e furono riportate alla luce durante i restauri del 1999 per sottoporle all’esame al carbonio-14. Esso fu eseguito a Cambridge (Massachusetts) e le datò intorno all’anno Mille. Le ossa furono definitivamente raccolte in una nuova urna deposta nell’abbazia.