L’ex Caserma Chiossi è ubicata ai piedi del monte di Mattarella, lungo la Via Crucis che conduce al Sacro Monte Calvario di Domodossola. L’edificio, in origine un convento, risale alla fine del XVII secolo e fu costruito – con il contributo di numerosi donatori – per evitare che i frati Cappuccini, allora residenti nella zona delle Mondate (oggi Cappuccina), abbandonassero Domodossola a causa della pericolosità del fabbricato costruito per loro tra il 1615 e il 1619: le ripetute piene del vicino torrente Bogna avevano infatti compromesso l’integrità strutturale del vecchio convento, quindi nel 1666 venne posta la prima pietra del nuovo cenobio. L’adesione unanime della popolazione e la concessione di un’area demaniale per l’edificazione del fabbricato attestavano la riconoscenza nei confronti dei frati che durante la terribile peste del 1628-1630 avevano assistito la popolazione e che, nel 1656, avevano dato il via alla costruzione del sacro Monte Calvario e della Via Crucis. La chiesa – ad aula unica e con tre altari – venne costruita per prima, ma fu consacrata solo nel 1690, mentre il convento fu realizzato subito dopo. Con l’editto napoleonico del 1810, anche il convento dei Cappuccini domesi viene incluso nelle soppressioni ecclesiastiche e i frati sono quindi costretti ad abbandonarlo: strutture e beni sequestrati vengono messi all’asta. Nel 1822 il fabbricato risulta essere di proprietà privata, ma su sollecitazione del Cardinale Morozzo, la comunità ossolana lo acquisisce e i Padri Cappuccini possono quindi rientrarvi. Purtroppo, con la legge del 1865 a danno degli ordini religiosi, il Comune di Domodossola requisisce di nuovo tutti i beni del convento e lo concede con contratto d’affitto al Ministero della Guerra. Nel 1873 l’edificio era ormai adibito a caserma con il nome di “Caserma Rossa”. La variazione toponomastica in “Caserma Chiossi”, dal nome del generale domese distintosi come ufficiale d’artiglieria durante la Prima Guerra Mondiale, è del 17 giugno 1926. Dopo il 1943 l’ormai ex caserma venne adibita a rifugio per gli sfollati, quindi ad abitazione per gli emigrati dal sud Italia e, negli anni ’60 del Novecento fu completamente abbandonata, deteriorandosi rapidamente. Le poche opere provenienti dalla chiesa sono oggi conservate in gran parte nel Museo di palazzo Silva: tra queste, quadri dei pittori vigezzini Borgnis e Peretti, oltre a una riproduzione di un Tanzio da Varallo eseguita da un altro maestro della Val Vigezzo, il Mellerio.