La chiesa del Santo Sepolcro di Gerusalemme è un edificio sacro sito nel quartiere napoletano di Montecalvario, alle pendici della collina di San Martino. Essa si sviluppa all’interno della roccia con una stretta navata dotata di due cappelle per lato e costituisce il fulcro prospettico di uno slargo aperto a lato del corso Vittorio Emanuele. Il Santo Sepolcro è caratterizzato da una facciata che si articola su un doppio ordine corinzio, che al primo livello incornicia l’ingresso e al secondo un finestrone a mezzaluna, completato da un timpano triangolare.
Escludendo le chiese paleocristiane, o meglio quegli edifici di culto sorti nelle catacombe, la chiesa in oggetto fa parte di quel gruppo di chiese napoletane che sono state ricavate interamente o parzialmente nella roccia, come il caso analogo della chiesa di San Giovanni Battista ai Camaldoli. Anche vari ambienti dell’annesso convento sono stati ricavati nella roccia.
Secondo la testimonianza di Ceva Grimaldi l’edificio sacro fu costruito nel Seicento insieme ad un piccolo ritiro dove dimorò don Carlo Carafa. Anche de Lellis, nel 1689, riporta la testimonianza secondo la quale nel “luoco di San Sepolcro vicino il conservatorio di Suor Ursula” fu fondata la Congregazione dei Pii Operai da parte di don Carlo Carafa. La chiesa viene descritta dal Celano come un romitorio, utilizzato in un primo momento dal cardinale Gesualdo, don Vincenzo Concubletti e don Giovanni Pietro Bruno, consistente in una chiesa, un oratorio e alcuni locali adibiti ad abitazione ricavati in alcune grotte scavate. Padre Pietro Gisulfi scrive, nel 1858, che la chiesa fu accomodata da don Carlo Carafa, il quale quindi non solo abitò il luogo, ma si occupò anche di curarne l’architettura. Non è da escludere che la grotta, ricordata come cava di tufo nel XV secolo, fosse fruita precedentemente al Seicento come cappella rupestre. Dopo l’uso religioso in epoca barocca, la chiesa del Santo Sepolcro fu abbandonata acquisendo la funzione di deposito e locale di lavorazione delle funi, assumendo l’appellativo di Grotta degli Spagari. Nel 1872 venne rinnovata su progetto di Antonio Francesconi, autore anche del nuovo corso Vittorio Emanuele. Nella carta dello Schiavoni la chiesa è riportata con la titolazione di Santa Maria della Misericordia.
La chiesa attualmente versa in un cattivo stato conservativo ed è chiusa al culto; sono presenti molteplici problematiche che interessano gli intonaci e gli stucchi.