La chiesa di Sant’Eligio dei Chiavettieri, inglobata in un edificio novecentesco, sorge nel quartiere napoletano Pendino.
La fondazione della chiesa, un tempo dedicata a Santa Maria ad Ercole, viene fatta risalire da Ceva Grimaldi al XV secolo, e all’iniziativa di Maria d’Ercole, nobile appartenente al Sedile di Montagna, all’epoca residente della piazza d’Ercole, ossia dell’ottocentesca piazza dei Tarallari. Una seconda ipotesi sulla fondazione, avanzata dal Celano, fa invece derivare la titolazione dell’edificio sacro alla presenza sul sito di fondazione di un antico tempio dedicato ad Ercole. Tale ipotesi è supportata dal ritrovamento, nel 1560, durante l’esecuzione di scavi nell’area, di un ambiente sotterraneo con numerose colonne appartenenti a un’antica preesistenza romana. Nel 1627 la chiesa di Santa Maria ad Ercole venne concessa alla Congregazione dei Ferrari che ne variò le dimensioni, l’apparato decorativo e la titolazione, da quel momento Sant’Eligio. Poi, attraverso la partecipazione prima degli Spadai e poi dei Chiavai, si aggiunse nel nome la specificazione “dei Chiavettieri”.
Nel XVIII secolo, la chiesa di Sant’Eligio fu completamente rinnovata, nella forma e nelle finiture. Viene descritta ad aula unica con due cappelline per lato prima del presbiterio sul quale si innesta una cupola a pianta ellittica, ad oggi incastrata tra gli edifici circostanti, il cui estradosso fu impreziosito da un lanternino cuspidato. Alla stessa fase di trasformazione e ammodernamento della chiesa appartiene la facciata scandita da paraste corinzie, coronata da un timpano modanato ad arco ribassato. Il progetto di Risanamento della città di Napoli alterò la conformazione dell’intero quartiere con interventi di carattere non unitario che, tuttavia, non comportarono la distruzione delle fabbriche religiose. Nella prima metà del Novecento sulla chiesa di Sant’Eligio dei Chiavettieri fu innestato un edificio residenziale in stile liberty, in cui la chiesa risulta oggi inglobata.
La chiesa, di proprietà dell’Arciconfraternita del Santissimo Salvatore e Santa Maria Materdei rappresenta una delle numerose chiese a Napoli rimaste chiuse in seguito al terremoto del 1980 e da allora lasciata in una condizione di totale abbandono. Gli interni, in un cattivo stato di conservazione a causa dell’umidità e dai danni provocati dall’edificio soprastante, preservano ancora gli stucchi barocchi della cupola, con decorazione stellare sostenuta da cariatidi.