A Corato, appena fuori dalle antiche mura della città medievale, si trova la chiesa di San Vito, di cui le prime fonti danno notizia nel 1206 all’interno di un atto notarile, parte integrante del Codice Diplomatico Barese. La costruzione sembrerebbe tuttavia ancora più antica come appare evidente dalla decorazione a “denti di sega” (utilizzata già in altre opere anteriori) presente alla base del tiburio e nella decorazione della monofora a ridosso dell’abside centrale. 
L’edificio, in parte modificato dai restauri della fine del XIX ed inizi del XX secolo, presenta un parato murario a piccoli blocchi di calcare squadrati disposti a filari paralleli e consta di un’aula unica monoabsidata, coperta con volta a botte, su cui si innesta al centro un’altra volta a botte a formare una “croce contratta”. All’incrocio delle due volte a botte si inserisce una volta semisferica ricoperta all’esterno da tiburio e tetto piramidale costituito dalla sovrapposizione di piccole lastre di pietra, usate come tegole, chiamate “chiancarelle”. L’attuale ingresso principale non coincide con quello originario situato sul lato corto, in corrispondenza di un campanile a vela in tufo che connotava la facciata originariamente più importante, oggi divenuta secondaria a seguito dell’edificazione, tutt’intorno alla chiesa, di imponenti costruzione contemporanee.
All’interno i restauri condotti nel tempo hanno rivelato che nell’abside si apriva una piccola monofora, fonte di luce diretta sull’altare: nelle chiese romaniche infatti, come in quelle paleocristiane, l’abside era orientata per catturare il primo raggio di luce all’alba, segno di Cristo, nato in Oriente e luce del mondo.