Le colonie marine, opere pubbliche costruite a fini assistenziali e terapeutici secondo le concezioni ottocentesche di tutela della salute e dell’infanzia e negli anni ’30 del Novecento anche con finalità propagandistiche, caratterizzarono la struttura insediativa dell’intera fascia costiera romagnola, insieme alle altre testimonianze architettoniche come villini e alberghi tipiche di quell’ampio fenomeno di insediamento costiero che si sviluppò intorno agli ultimi decenni dell’Ottocento in seguito all’installazione delle prime strutture balneari.
In questo periodo in cui la realizzazione di alcune colonie era contraddistinta dalla sperimentazione di forme e stilemi del razionalismo italiano la Bolognese, costruita nel 1931, appare invece nei suoi aspetti formali e decorativi notevolmente contraddistinta da un legame di continuità con il passato.
Il paramento murario costituito interamente da mattoni e le formelle in cotto poste ad impreziosire le finestrature ne esaltano, infatti, lo stile tardo eclettico e la pongono in continuità con gli ospizi marini ottocenteschi.
A vent’anni dalla inaugurazione dell’ospizio Murri la colonia Bolognese ne riprende il generale disegno di impianto caratterizzato da una serie di padiglioni di cui quattro di grandi dimensioni ospitanti al piano seminterrato i refettori e ai piani superiori i dormitori e tre di forma ridotta, adibiti a servizi e camere per il personale, che si sviluppano lungo un collegamento ad essi ortogonale lungo 169 metri.
L’edificio, pertanto, per l’imponenza dei suoi fabbricati costituisce ancora un punto di riferimento visivo per l’intera area al confine tra Rimini e Riccione, che resta uno dei pochi ambiti poco edificati della costa, e· si propone, inoltre, per la sua qualità formale ed architettonica, come residua testimonianza fisica di un diffuso costume sociale a cavallo delle due guerre.