L’ex convento degli Agostiniani, situato poco lontano dal centro di Pieve, è una grande struttura iniziata nel 1471, con approvazione del Papa Sisto IV. Il complesso possiede, oltre all’edificio principale, un grande ed elegante chiostro interno considerato il più vasto e arioso della Liguria di Ponente, con copertura a crociera, pavimento in pietra ritmato da pilastri ottagonali. La struttura è il risultato di progressive integrazioni che vedono la realizzazione dell’antistante loggia Ricci dell’ampia chiesa a pianta centrale ad arco gotico e cupola a tiburio ottagonale, progettata dal noto pittore pievese Giulio Benso, sovrapposta al presbiterio e rivestita a scandole d’ardesia. Su di essa svetta il campanile dalla forma piuttosto inusuale, esito dei restauri operati dopo l’assedio che Vittorio Amedeo I di Savoia strinse nel 1625 attorno al Convento. La struttura faceva parte, infatti, della linea fortificata esterna del paese e qui si svolsero i più accaniti combattimenti tra sabaudi e pievesi, che erano dipendenti dalla Repubblica di Genova e si concluse con la disastrosa espugnazione. Il convento, espropriato con l’unità d’Italia, venne adibito a caserma del Battaglione Alpini Pieve di Teco, poi ad istituto per ragazzi orfani ” Cristo Vita”, poi ad uffici dell’adiacente insediamento industriale che ha rovinosamente utilizzato e rovinato anche la chiesa. Negli anni 90 il chiostro, per la sua particolare acustica, è stato sede principale del Festival Musicale delle Alpi Marittime, che grazie al contributo del Comune e per direzione del compianto Maestro Luchino Belmonti ha fatto da palcoscenico a artisti di fama internazionale. Il complesso monumentale è in grave stato di manutenzione; le facciate esterne sono erose da continue infiltrazioni dal tetto ormai vecchio e dalle grondaie e canali fatiscenti. La chiesa è, allo stato attuale, un magazzino discarica con gravi infiltrazioni interne e esterne che ne stanno minando la struttura, al suo interno si possono ancora ammirare degli affreschi del 1500 attribuiti al pittore Pietro Guido da Ranzo.