Edificato nel XIII secolo e ristrutturato nel secolo successivo, il complesso conventuale si eleva su due piani ai quali si è sovrapposta un’elevazione che funge da terzo piano, in seguito alla trasformazione del piano di copertura, prima con conformazione a tetto ed attualmente terrazzato per questioni funzionali legate all’utilizzo delle soffitte. Sui prospetti esterni sono visibili sia la successione che la posizione dei marcapiani privi di un rigore formale a testimonianza dei continui rimaneggiamenti subiti dall’edificio conventuale dalle origini fino al XVIII secolo. Sul prospetto principale si aprono due ingressi, dei quali quello che conserva lo stemma è sicuramente l’ingresso originario, collegato direttamente con il sagrato della chiesa adiacente. Il prospetto principale su piazza Plebiscito presenta un lessico architettonico rigoroso con qualche riferimento barocco, sicuramente disegnato e realizzato in loco da capimastri durante il Settecento. La Torre dell’Orologio realizzata nel 1884, su progetto dall’architetto Pinto, si inserisce in modo armonico all’interno della facciata in posizione assiale; durante la seconda guerra mondiale sulla sommità della torre è stata montata la sirena di allarme antiaereo, ancora oggi esistente.
Degni di nota sono i motivi decorativi propri del loggiato, delle finestre, ora tamponate con paramenti murari, del secondo piano e lo stemma con l’indicazione della fondazione.
Il prospetto su piazza Umberto I e l’altro su piazza D’Andrano presentano alcune logge che, in origine, si affacciavano direttamente sul giardino del complesso conventuale.
All’interno, l’edificio si articola secondo la tipologia propria dei conventi e dei monasteri dei Frati Minori Conventuali sorti in posizione periferica e caratterizzati da forme edilizie legate all’adattamento agli spazi concessi e, sovente, anche condizionate dal riutilizzo di strutture preesistenti. I criteri principali che regolavano sotto il profilo architettonico e funzionale la maggior parte di tali costruzioni erano: la corte esterna (giardino con muro perimetrale); la zona destinata agli ambienti di rappresentanza (appartamento del priore, biblioteca, foresteria nobile); la zona per gli usi della comunità (cucine,refettorio, chiesa, capitolo, appartamenti dei procuratori); le celle dei monaci che si sviluppano attorno al chiostro.
La vita giornaliera del convento si svolgeva, quindi, al piano terra. Vi si trovavano sia gli ambienti di lavoro, sia quelli comuni: granaio, refettorio,cucina, stalla, cantina, ecc. tutti gli ambienti erano disposti in stretta successione, molti con accessi diretti dal porticato del chiostro. Tale porticato limitrofo alla chiesa, ancora oggi esistente, si sviluppa dall’ingresso del convento e termina sul fondo con lo scalone a volta a botte lunettata che conduce al piano primo.
Il complesso monastico di S. Francesco si contraddistingue da altri conventi coevi, appartenenti allo stesso ordine, per lo sviluppo planimetrico fortemente irregolare, segno di rimaneggiamenti e modifiche durante i secoli.
Il complesso, appartenente al demanio civile e sottoposto a vincolo monumentale ai sensi della legge n. 1089 del 1939, fu concesso in uso, con decreto del 1813 di Gioacchino Murat, all’amministrazione comunale con vincolo di destinazione a sede di gendarmeria, carcere e pretura. Sin dal 1860 nell’immobile si è insediata la stazione dei Carabinieri e, dal 1990, nel palazzo ha trovato collocazione anche il sovraordinato comando della compagnia.
Nel 2000 sono stati realizzati lavori di manutenzione straordinaria, per loro natura e modalità esecutive, non hanno determinato alcuna alterazione delle caratteristiche dell’immobile, le cui originarie connotazioni due-trecentesche hanno comunque subito, nel corso dei secoli, profonde modificazioni strutturali e distributive.