L’eremo chiamato Studion è parte del sistema di ipogei rupestri e semirupestri connessi all’Abbazia di Santa Maria di Pulsano (XII secolo) e alla prima comunità dell’Ordine monastico degli Eremiti Pulsanesi. Situato nella valle Campanile, l’eremo Studion è ricavato da grotte naturali situate a mezza costa sul fianco della valle e collegato all’eremo Pinnacolo, con cui forma un unico complesso. Il nucleo rupestre è costituito da cinque ambienti, ampliati e regolarizzati mediante escavazione o costruzione di setti divisori in muratura o materiale deperibile. Il nome potrebbe derivare da San Teodoro Studita, abate e riformatore dell’Ordine, oppure rievocare il monastero bizantino Studion nei pressi di Costantinopoli. Una lunga scalinata ricavata nel costone roccioso conduce all’ingresso dell’eremo; da qui si accede al primo ambiente, una piccola grotta naturale che ospita due cisterne o silos scavati nella roccia. Successivamente si trova un secondo vano rupestre con una terza cavità e un recinto murario, forse funzionale a delimitare uno spazio. Entrambi gli ambienti sono attraversati da una canaletta che raccoglie le acque meteoriche, probabilmente convogliandole verso la cavità più a nord e forse anche verso le altre. I vani si articolano in più spazi, probabilmente con funzioni differenti, delimitati da palizzate lignee, come suggeriscono le serie di buche di palo presenti sia tra le due cavità naturali sia lungo il ciglio del pianoro, dove la palizzata probabilmente tracciava la chiusura dell’ambiente ipogeo. A sud di questo primo nucleo rupestre, lungo il sentiero, una seconda rampa di scale conduce a tre ambienti successivi, posti a un livello leggermente più alto. Questi consistono in un’unica grande cavità naturale, divisa in tre parti da setti murari realizzati con pietre spaccate e legate con abbondante malta. Al centro si trova una cappella rupestre, di dimensioni 5×3 metri, intonacata e in alcuni tratti decorata con affreschi, purtroppo in grave stato di degrado. Gli affreschi raffigurano probabilmente il santo eremita Benedetto in preghiera che riceve il cibo da un corvo, la deposizione del Cristo dalla croce e altri santi monaci, probabilmente Sant’Antonio Abate e San Pacomio. Lo stile degli affreschi rimanda all’età moderna. Si può ipotizzare che, in una prima fase, siano state occupate le cavità naturali dell’eremo come ricovero temporaneo o stagionale; in una fase successiva, gli ambienti siano stati ampliati e modificati per svolgere anche funzioni religiose ed eremitiche.