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EX CENTRALE ELETTRICA DI SANTA CATERINA, SAN GIOVANNI SUERGIU (1937÷1985)

EX CENTRALE ELETTRICA DI SANTA CATERINA, SAN GIOVANNI SUERGIU (1937÷1985)

Indirizzo: Località Santa Caterina, Sant'Antioco
Comune: San Giovanni Suergiu
Provincia: Sud Sardegna
Regione: Sardegna
Architettura / Centrale

La centrale elettrica di Santa Caterina sorge nell’agro di Palmas, lungo la riva della laguna di Sant’Antioco, nel comune di San Giovanni Suergiu, fu l’ultima centrale termica costruita dalla S.E.S (Società Elettrica Sarda).
Realizzata tra il 1937 e il 1939, nasceva con lo scopo di agevolare le attività minerarie di Carbonia. La centrale, infatti, si trovava in posizione strategica all’interno del distretto minerario carbonifero del basso Sulcis a poca distanza dai centri strategici della miniera di Serbariu a Carbonia e del porto del carbone di Sant’Antioco.

Il progetto originario della centrale, la cui costruzione fu affidata all’impresa italiana “Ferrobeton” prevedeva la realizzazione di un unico edificio suddiviso in quattro corpi di fabbrica ad altezze sfalsate, ciascuno con una specifica funzione e macchinari appositi. Fu prevista anche la realizzazione di un canale che avrebbe convogliato le acque della laguna verso la centrale sottoponendole a un processo di distillazione per la rimozione della componente salina che le rendesse idonee all’utilizzo per l’alimentazione delle caldaie.

Nell’area circostante sorgono altri edifici minori in cui verranno collocate officine e falegnamerie, alloggi per i dipendenti, la mensa, gli spacci aziendali, le abitazioni per la direzione la casa del capo centrale. L’edifico una volta completato si ergeva imponente sulla piana della laguna circostante.
L’edificio è di chiaro stampo razionalista, caratterizzato da lunghe finestre verticali che si estendono allineate lungo tutta la facciata e grandi capriate in calcestruzzo armato. Le facciate sono rivestite con mattoni “Cottonovo” mentre gli intonaci sono di tipo “Terranova”, questo intonaco è realizzato con una miscela di polveri di marmo e cemento che conferiscono alle finiture un aspetto pregiato a fronte di bassi costi di lavorazione.

Nel 1943, con l’inasprirsi del secondo conflitto mondiale, la struttura considerata strategica perché forniva energia elettrica al territorio del Sulcis e di Cagliari, viene bombardata. L’attacco colpisce la stazione di trasformazione all’aperto interrompendo inevitabilmente l’attività dell’impianto. L’anno successivo un secondo bombardamento colpisce la linea ferroviaria Iglesias–Calasetta, che assicurava l’apporto di combustibile fossile alla centrale.
La centrale riprende le attività nell’estate dello stesso anno seppur utilizzando solo due delle quattro caldaie installate, di cui una verrà asportata dall’esercito tedesco in ritirata durante l’armistizio del settembre ’43.

Nonostante i numerosi danni subiti dopo la conclusione del conflitto la centrale continuerà la sua attività, l’impianto sarà infatti ampliato in concomitanza con l’acquisto di una quinta caldaia assumendo l’aspetto definitivo con cui è giunto fino ai giorni nostri.
La centrale rimase in uso fino al 1963 e fu dismessa definitivamente nel 1965.
Delle attrezzature che dovevano trovarsi all’interno del complesso, tra cui i generatori di vapore, i distillatori di acqua marina con le pompe di alimentazione, i turbo-alternatori e i quadri da 5 KV non resta ormai quasi nulla, infatti a seguito dell’acquisizione della centrale da parte dell’Enel gran parte degli impianti furono rimossi e la struttura venne adibita a stazione sperimentale per le ricerche sugli isolamenti con inquinamento di tipo salino, restò in uso con questo scopo fino al 1985.

Proprietà: Pubblica
Dettaglio proprietà: Comune
Regime tutela: Tutela Ope Legis
Stato di conservazione: Buono
Ambito cronologico secolo: XX Sec.