La colonia marina di Riccione è stata progettata negli anni 1961 e 1962 per incarico ricevuto dalla Società S.I.P. di Torino poi trasformatasi in Società E.N.E.L. per ospitare i figli dei propri dipendenti. L’impianto a U dell’edificio, dimensionato per ospitare 300 bambini ed il relativo personale di supporto, è costituito da 10 cellule con funzioni residenziali, distribuite su due rami collaterali al corpo centrale, destinato a servizi. Ogni cellula comprende tre piani e due ammezzati. Al piano terreno sono collocati un soggiorno ed il portico; al piano ammezzato le stanze delle assistenti; al primo piano le camere dei bambini. Le cellule sono accostate in modo da mettere in comunicazione tutti gli spazi interni di soggiorno, tenendo separati gli spazi destinati alle camere da letto: qui rispettivamente si svolgono attività di socializzazione per grandi e piccoli gruppi di bambini. La sezione notte è gradonata in modo da ottenere all’ interno di ogni stanza una definizione spaziale corrispondente ad una ulteriore suddivisione in tre parti. Lo spazio interno, compreso tra i due corpi laterali, è organizzato in modo da ottenere l’area riservata ai giochi dei ragazzi all’aperto: sopra i portici si estendono, inoltre, i terrazzi che coprono i vari livelli dell’edificio.
La Colonia, attualmente in stato di abbandono, non ha subito trasformazioni edilizie di rilievo, conservando le caratteristiche architettoniche, generali e di dettaglio, originali. Fra queste emerge soprattutto il rivestimento in piastrelle di colore azzurro turchino, assai adatte alla conservazione delle murature in ambiente soggetto all’aggressione degli agenti atmosferici marini, e che risulta solo a tratti aver ceduto al trascorrere del tempo. Anche le superfici in cemento a vista risultano solo parzialmente intaccate. Integra è la sequenza, dinamica ed espressiva, delle cornici che rimarcano le aperture ed i limiti dei piani e delle terrazze, con i dettagli, assai raffinati, degli aggetti angolari posti agli spigoli dell’edificio e delle piegature ad angolo retto alla base delle finestre, emergendo solo in alcuni tratti il ferro delle armature per il cedimento dello strato di protezione.
La Colonia ENEL di Riccione ha assunto un particolare significato nella storia culturale italiana e nell’opera di Giancarlo De Carlo in relazione all’attività teorica e professionale sviluppata nella prima metà degli anni sessanta. Nella rivista olandese “Forum” (1972) viene convalidata, per questa opera, la funzione socializzante dell’architettura, rivolta qui in modo speciale all’infanzia, nonché il rapporto simmetrico fra l’edificio e la città, luoghi entrambi conformati quali “spazi di relazione” con le rispettive società che li abitano, grandi o piccole che siano.
Emerge, nell’architettura della Colonia, come in quella dei Collegi di Urbino costruiti per l’Università, un microcosmo urbano composto dall’insieme degli spazi correlati per reciproca compenetrazione, distinti per cellule abitative, simili a case di uno stesso insediamento urbano, organizzato in modo da sviluppare l’attitudine alla socializzazione ed alla riservatezza di ciascun individuo come di ogni singolo gruppo.

