Ubicato ai limiti del centro storico del comune di Settimo Torinese, il complesso riconosciuto come del “Mulino Vecchio”, noto anche come “Mulino del Broglio”, attesta la sua presenza già a partire dalla metà del XV sec., in concomitanza con il tracciamento del rio Freidano da cui trae forza motrice per i suoi ingranaggi. Una ricca documentazione conservata presso l’Archivio Storico della Città di Settimo, testimonia le vicissitudini dell’impianto molitorio nei secoli successivi, distrutto, ricostruito e ampliato per ospitare altre tipologie di lavorazioni, e anche i passaggi di proprietà, le concessioni e i contenziosi per il possesso, nonché per la gestione del mulino e per le acque che lo alimentano. In particolare, in quanto principale impianto molitorio del territorio di Settimo, il Mulino Vecchio viene riscattato dalla comunità settimese acquistandolo dall’Opera Pia Barolo, con la relativa dotazione di ingranaggi nel 1865. Gli atti comunali dei decenni successivi comprovano il succedersi delle concessioni, lo stato di conservazione e gli interventi di miglioramento e ammodernamento dei macchinari, dei “motori” idraulici. Attraverso lo studio di documenti d’archivio risulta possibile ricostruire anche interventi relativi alla manutenzione e alle rettifiche del tracciato del rio Freidano, soprattutto a seguito della costruzione nel 1806 del “Mulino Nuovo” movimentato dalle acque dello stesso rio.
Attualmente, il fabbricato, ricostruito a seguito di un incendio del 1953 e attivo fino al 1983, ospita al suo interno le macine per la lavorazione tradizionale dei cereali perfettamente conservate, i laminatoi a ciclo integrato modello e la turbina, per la produzione di energia elettrica, collocata negli anni Cinquanta del Novecento al posto della pesta da canapa e del torchio ad olio, e completa dell’apparato idraulico di regolazione dell’acqua. La necessità di mantenere funzionante il mulino, a metà del XX secolo, induce infatti l’Amministrazione comunale a provvedere al suo ripristino apportando contemporaneamente alcune migliorie tecniche. Anche l’abitazione del mugnaio viene quindi ricostruita secondo principi più razionali, dislocata su due livelli e direttamente collegata alla zona destinata alla macinazione che occupa la porzione principale del fabbricato. Oggi l’edificio assume quindi i tratti di un’architettura tipica del secondo dopoguerra, perdendo in parte i caratteri che ne connotavano l’immagine originaria.

